BANARI

Banari vista dall'alto

LOCALIZZAZIONE E TERRITORIO

Situato nella parte nordoccidentale della Sardegna, a circa 30 km dal capoluogo Sassari, sorge il paese di Banari. Riparato a sud dal “Monte Sa Silva”, che è anche il punto più alto del territorio a circa 580 metri sul livello del mare e funge da confine con Bessude, il territorio di Banari va digradare verso nord fino a un’imponente vallata, che è anche uno dei punti più bassi del territorio a circa 200 metri di elevazione, nota come S’Adde Manna, da cui poi ripartono sempre verso nord le collinette che fanno da confine con Siligo.

Per un leggero tratto a nord Banari confina anche con Florinas, mentre a ovest troviamo il confine con Ittiri, e a est nuovamente il territorio di Siligo. Il “Monte Sa Silva”, che già dal nome indica una zona boscata riservata alla caccia e alla raccolta di legname, è stato oggetto di un importante progetto di rimboschimento e si presenta oggi come bosco con copertura totale prevalentemente da aghiformi ma con una presenza e sviluppo di querce e altri alberi e arbusti che vanno a formare un’ottima composizione di macchia mediterranea.

Sono due i fiumi principali che attraversano il territorio di Banari di cui uno, il rio “Bidighinzu”, attraversa il territorio da sud verso ovest, e l’altro, il rio “S’Adde”, lo attraversa invece da nord verso ovest, fino a che entrambi si uniscono per formare il cosiddetto “Riu Mannu”. Il rio “S’Adde” é quello che scorre nella vallata di “S’Adde Manna”, ed è interessante come altri piccoli corsi d’acqua vadano a confluire sul fiume principale, alcuni dei quali attraversano dei salti che nelle altezze maggiori danno origine a delle vere proprie cascate di impressionante bellezza, soprattutto nel periodo primaverile.

IL PAESE

Il paese in origine sviluppato su due rioni, uno attorno alla chiesa di San Lorenzo, e l’altro nei dintorni della chiesa di San Michele, ha visto uno sviluppo del moderno centro abitato con costruzioni di abitazioni anche ai lati della strada provinciale 41 bis che collega Siligo a Ittiri, e che inglobando i due rioni originari formano quella che è l’odierna struttura abitativa del paese.

Le costruzioni che ritroviamo ai giorni d’oggi risalgono principalmente al XIX secolo e mostrano un forte utilizzo della pietra tipica locale che è la trachite rossa, estratta da cave poco distanti dal paese e abilmente lavorata da maestri scalpellini, sia per i blocchi strutturali e sia per gli ornamenti che abbelliscono le abitazioni minori ma anche i palazzi in cui un tempo vivevano i nobili e i grandi feudatari. Uno degli esempi è il palazzo Solinas, in cui oggi ha sede il municipio di Banari. La trachite rossa è stata utilizzata per altri elementi architettonici nelle piazze, nei viottoli, nelle fontane e lavatoi pubblici, molti dei quali ancora in uso, ed è protagonista quasi assoluta dell’architettura del centro abitato.

Abbelliscono il paese diversi murales e sculture, come quelle del famoso artista locale Giuseppe Carta, il quale ha diverse esposizioni permanenti come quella nel museo d’arte contemporanea della Fondazione Logudoro Meilogu.

LE ORIGINI E LA STORIA

Diversi ritrovamenti archeologici dimostrano che il territorio di Banari era abitato fin dal periodo del neolitico. I luoghi dei ritrovamenti sono a circa 3,5 – 4 km dall’abitato di Banari sulla strada provinciale 41 bis che conduce a Ittiri, e sono le Domus de Janas “Su Crabione” e le necropoli di “Ziu Juanne” che risalgono agli anni 1800-1500 a.C. La loro localizzazione non era casuale, infatti, sono sorte non lontano da corsi d’acqua e terreni fertili.

Il territorio di Banari è stato abitato anche in periodo nuragico come dimostrano i nuraghi più o meno bene conservati che abbiamo ai giorni d’oggi. Nel periodo dei giudicati, Banari apparteneva a quello di Torres, e all’interno di esso, alla curatoria del Meilogu. Le prime notizie scritte dell’esistenza del paese si hanno nel condaghe di San Michele di Salvennor già a partire dai primi anni del XII secolo, in cui si menzionano le due chiese di San Lorenzo e di San Michele in “Vanari” che già da allora costituivano buona parte dell’ossatura dell’odierno paese. Nello stesso condaghe si menziona la figura di un tale Juan de Vanari, che doveva essere un servo donato con sua moglie alla chiesa di San Nicola di Salvennor, e di cui il cognome, forse ignoto, era stato sostituito dal luogo di provenienza.

Parallelamente allo sviluppo della villa di Banari, a pochi chilometri dal confine con Florinas, come documentato nel condaghe di San Pietro di Silki, sorgeva il monastero e il villaggio di Seve, popolato fino a fine 1300, in origine appartenente a un’altra curatoria ma oggi facente parte del territorio di Banari, che avendo subito diverse trasformazioni nel nome, da Seve a Seva e poi Sea, è la località che conosciamo oggi col nome di Cea.

Come per molti altri paesi del Logudoro, la fine del periodo dei giudicati con la morte di Adelasia di Torres nel 1259 portò la curatoria nelle mani dei Doria. I secoli successivi videro un susseguirsi di conflitti con Doriani, Aragonesi, Malaspina, Arborensi, fino al passaggio della Sardegna ai reali di Savoia nel 1720. La rivoluzione contro i feudatari che stava covando in tutta la Sardegna negli ultimi anni del XVIII secolo toccò anche la villa di Banari. Molti dei suoi abitanti presero parte alla rivolta di Thiesi del 1800 e che servì, prima nel 1820 all’emanazione dell’editto delle chiudende con il quale si istituiva il diritto e la proprietà privata, e che poi portò alla definitiva abolizione del feudalesimo vent’anni più tardi.

ETIMOLOGIA DEL NOME

L’etimologia dell’odierno appellativo di Banari si pensa che abbia una sua origine radicata nel territorio. Intanto le prime attestazioni scritte riportano la dicitura “Vanari”, che starebbe a indicare i vuoti tra valli e colline che caratterizzano il territorio.

Una seconda teoria, anch’essa legata alla morfologia del territorio, riporterebbe il nome “Ana’ry” che significa “sopra i fiumi”. Il nome sembrerebbe attestarsi tra la fine dell’XI e gli inizi del XII secolo. Un’ulteriore teoria sull’origine del nome, in questo caso “Fanari”, indica la provenienza dal greco “Fanos”, cioè lanterna, ma non si avrebbero poi dei riferimenti storici su di essa.

ECONOMIA

L’economia di Banari in passato era basata principalmente su agricoltura e allevamento, ed entrambe sono ancora oggi fonte di reddito, anche mediante trasformazione dei prodotti frutto del lavoro di abili casari e salumieri.

Affiancate a queste attività, e grazie alla presenza di cave di trachite rossa, soprattutto in tempi passati c’erano numerosi artigiani che con la loro maestria scolpivano i blocchi di pietra per ottenere qualsiasi forma desiderassero, sia come blocchi da costruzione sia come ornamenti e finiture.

FESTE E SAGRE

Il patrono San Lorenzo viene ampiamente celebrato dagli abitanti di Banari il 10 agosto con un invidiabile spettacolo pirotecnico, processioni e manifestazioni folkloristiche che animano i giorni della festa.

L’otto settembre viene invece omaggiata la Madonna di Cea, nell’omonima chiesa campestre con riti religiosi seguiti dal pranzo conviviale a cui prende parte l’intera collettività. La tradizione vuole che dal centro abitato i fedeli si rechino a piedi nella chiesa foranea per la novena che si tiene i giorni precedenti.

Sempre a settembre, il 29, si celebra San Michele Arcangelo.

Una sagra ormai diventata famosa è quella della cipolla dorata di Banari, si tiene verso fine luglio e ogni anno fa conoscere il tipico prodotto a migliaia di persone, curiose di sapere non solo i segreti della sua coltivazione, ma anche i numerosi piatti e le preparazioni in cui si può utilizzare.

Un altro evento che anima le vie di Banari si tiene verso metà dicembre, e coinvolge letteralmente l’intero borgo. Durante le cosiddette “Carrelas in festa” ci si può addentrare nel centro storico, spesso incontrando qualcuno che ne descrive le sue bellezze, si possono assaggiare e vedere come si preparano i prodotti tipici del territorio, e ammirare laboratori artigiani, il tutto accompagnato da balli e canti tradizionali che ravvivano le due giornate di festa.

GASTRONOMIA

La cucina locale è fortemente influenzata dalla stessa economia agro-pastorale.

Le preparazioni dei piatti sono soprattutto a base di carne, sia ovina che suina, di quest’ultima si utilizzavano, e lo si fa ancora, praticamente tutte le parti dell’animale, per preparare, oltre ai tagli di carne più conosciuti e alla famosa salsiccia di Banari, anche altre ricette, ad esempio a base del sangue della bestia, il cosiddetto “sanguinaccio”, o ancora la “gelatina” in cui dalle zampe del maiale, dopo una lunga preparazione, viene recuperata tutta la polpa, che poi viene condita con altri ingredienti del territorio.

La famosa cipolla dorata viene utilizzata sia come base di preparazione di numerosi piatti, sia come condimento essenziale in altre ricette dove essa non sia il cuore del piatto.

CHIESE E ARCHEOLOGIA

La chiesa patronale di San Lorenzo ha un’origine antichissima, non sappiamo esattamente l’anno in cui è stata costruita, ma sappiamo che esisteva già nei primi anni del XII secolo, in quanto fu donata ai monaci camaldolesi dal giudice di Torres. Il santuario è stato oggetto di diverse ristrutturazioni, tra cui l’ultima nel XIX secolo in cui è stata rifatta anche la facciata, che si presenta oggi nella metà inferiore formata da blocchi in trachite che vengono poi ripresi anche nel campanile, mentre nella metà superiore è bianca.

Insieme alla chiesa di San Lorenzo, il giudice di Torres donò ai monaci anche la chiesa di San Michele Arcangelo, pertanto entrambe hanno in comune le date di costruzione. Anche questa chiesa edificata in stile romanico è stata oggetto di diverse ristrutturazioni.

La terza chiesa nel centro urbano è quella di Santa Croce, di origine più recente delle prime due, edificata tra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo, oggi è un oratorio, e dall’ultima ristrutturazione si può notare come sia predominante l’utilizzo della trachite.

A circa 6 km dal centro abitato in direzione Ittiri, quasi al confine con Florinas si trova la chiesa di Santa Maria di Cea. È stata costruita tra la fine del XII e gli inizi del XIII secolo in stile romanico e con l’utilizzo di blocchi calcarei. La chiesa fa parte di un complesso più ampio costituito anche da un chiostro e da diverse strutture abitative, cosiddette “romitorio”, che si ipotizza fossero destinate a monaci che volevano esiliarsi e raccogliersi in preghiera.

I siti archeologici visitabili nel territorio di Banari comprendono le necropoli ipogeiche di “Ziu Juanne”, che dovrebbero essere addirittura sette ma di cui allo stato attuale si hanno rinvenimenti di solo quattro tombe, e le Domus de Janas “Su Crabione”, di dimensioni minori.

Per quanto riguarda i nuraghi, sono diversi sul territorio e anch’essi contribuiscono a mostrare gli antichi fasti di Banari.

SUL TERRITORIO

Nuraghe Sa Tanchitta

Nuraghe Su Crabione

Nuraghe Corona Alta

Nuraghe Domu Pabaras

Nuraghe Monte Franca

Domus Ziu Juanne

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