BONORVA

LOCALIZZAZIONE E TERRITORIO
Situato nella Sardegna nordoccidentale, nella porzione sud della regione del Logudoro sorge il paese di Bonorva, distante 50 km da Sassari e ottimamente collegato alla principale arteria regionale, la statale 131, che dista solamente 2 km dal centro del paese.
Il territorio è prevalentemente collinare, con il centro abitato che si erge a circa 500 metri sul livello del mare, ed è contraddistinto da tre macroaree che prendono il nome dalla conformazione territoriale. Abbiamo così la parte nord denominata “Su Campu”, o piana di Santa Lucia, con elevazione media intorno ai 350 metri, che con i suoi terreni fertili garantisce una fiorente agricoltura, tanto che in passato, già dai tempi dei romani, queste terre erano considerate il granaio della Sardegna grazie alla loro elevata quantità e qualità del prodotto. La porzione sud chiamata “Su Monte”, che arriva quasi a 700 metri di altezza, di cui fa parte l’altopiano della Campeda, caratterizzato da boschi sterminati di querce, soprattutto roverella su substrato trachitico e basaltico. E infine la regione a est che prende il nome di “Sas Baddes”, per via della particolare orografia che forma vallate in cui scorrono numerosi corsi d’acqua, elemento di cui è ricco l’intero territorio di Bonorva.
Parliamo di un territorio che ha un’estensione di quasi 15.000 ettari e che confina a sud con la regione del Marghine nei territori di Macomer, e Bolotana nei pressi di Monte “S’Unturzera” che con i suoi oltre 780 metri è il rilievo più alto di tutto il territorio.
Confina a est con la regione del Goceano, nei comuni di Illorai, Bottidda e Bono, e a nord con alcuni territori del Monte Acuto quali Nughedu San Nicolò e Ittireddu. Sempre a nord, Bonorva confina con Mores, Torralba e Giave, mentre il confine occidentale si ha con i territori di Semestene e Cossoine.
Le fontane, le sorgenti d’acqua, e i fiumi presenti a Bonorva sono innumerevoli, alcuni di loro sono anche di grande portata, e attraversano quasi per intero il territorio da nord a sud, come ad esempio il “Riu Ilde” e “Badu Pedrosu”, “Riu Ladu” e “Riu Tortu” e il più noto “Riu Santa Lucia”. Santa Lucia è anche il nome con cui è conosciuta la famosa acqua effervescente, ricca di sali minerali e dalle elevate proprietà diuretiche, che viene attinta dalle falde sotterranee da 130 anni.
A circa 12 km a est del centro abitato ci sono le tenute “Mariani”, un parco di circa 700 ettari dove regna la natura incontaminata con boschi prevalentemente di querce in cui la fauna selvatica trova rifugio e sostentamento, corsi d’acqua che formano delle piccole cascate, delle antiche carbonaie, e persino una chiesa, intitolata a San Giuseppe.
IL PAESE
Il centro storico di Bonorva conserva ancora il suo fascino antico con viuzze strette e lastricate, fontanelle, e case basse antiche accostate a costruzioni più recenti ma ispirate ai modelli arcaici.
Il paese ha iniziato la sua espansione proprio da questo centro, chiamato “Muristene” con una sua chiesa, quella di Santa Vittoria, e già con l’edificazione dei rioni successivi si inizia a vedere una certa regolarità delle reti viarie, fino ad arrivare agli edifici più periferici ben organizzati strutturalmente. La via principale che attraversa tutto il paese è in realtà una strada provinciale, la numero 43, che inizia dalla S.S. 131 e va a collegare Bonorva con i paesi del Goceano. Essa è anche il corso principale del paese, Corso Umberto I, che unisce principalmente la piazza centrale di Santa Maria con la chiesa di San Giovanni, ed è luogo di attività commerciali, di servizi di ristorazione, e soprattutto di aggregazione sociale.
Grazie alla ricchezza di acqua, nel paese vi sono numerose fontane, alcune anche una certa rilevanza architettonica, come quella incastonata nei giardini di “Funtana”, dove ha sede anche un anfiteatro.
Anche lo sport ha sempre avuto un ruolo importante nella comunità e sono diversi gli impianti sportivi presenti in cui praticare calcio, tennis, pallavolo, nuoto, basket, karate, mentre per quanto riguarda la cultura è presente il museo archeologico e una biblioteca che vanta circa 30.000 volumi.
LE ORIGINI E LA STORIA
Le più remote esistenze antropiche nel territorio di Bonorva sono databili al neolitico finale, periodo compreso tra il IV e il III millennio a.C., a cui corrisponde la ben conosciuta Cultura di Ozieri. E l’esempio più evidente sono le domus de Janas di “Sant’Andrea Priu”, tra le più importanti di tutto il Mediterraneo, distanti circa 10 km dal centro abitato.
Gli oltre 50 nuraghi diffusi su tutto il territorio mostrano una massiccia presenza umana anche in età nuragica a partire dal XVIII secolo a.C. ed è interessante notare come uno di questi nuraghi sia stato edificato proprio dove è sorto successivamente il centro storico del paese, ed è rimasto eretto fino ai primi del 1800, fino a quando i suoi blocchi sono stati riutilizzati per la costruzione delle case. Ancora oggi si identifica come nuraghe “Arrettu” o “Erettu”, segno che doveva essere una costruzione piuttosto elevata.
Anche dall’epoca fenicio-punica si hanno ritrovamenti importanti, come alcuni cippi funerari, numerose pietre miliari che dovevano segnare il percorso dell’antica rete viaria Cagliari-Porto Torres che diramava poi verso Olbia, ma soprattutto la fortezza di San Simeone, con una sua chiesa e un villaggio che doveva comprendere addirittura una cinquantina di case, e che si dice si sia spopolato a causa della sua posizione sul territorio che non offriva protezione dalle intemperie, e abbia portato i suoi abitanti a cercare, e trovare, condizioni più favorevoli all’insediamento umano il luoghi più bassi, fondando il paese di Bonorva che conosciamo oggi.
Delle civiltà presenti durante l’alto medioevo non si hanno testimonianze, e per ritrovare qualcosa di scritto bisogna arrivare al XII secolo e al condaghe di San Nicola di Trullas, dove il nome di “Bonorba” appare in un atto di donazione avvenuto nell’anno 1113. Ma in quel periodo Bonorba non era certo l’unica comunità abitativa esistente in questo territorio, difatti abbiamo testimonianze certe dell’esistenza di almeno altri due villaggi, “Trechiddo” e “Rebeccu”, che in certi momenti storici erano addirittura più grandi di Bonorva. Trechiddo era un villaggio nei pressi di “Monte Cujaru” sicuramente esistente già nel XII secolo, comprendeva numerose famiglie, e vi erano diverse chiese, tra cui la parrocchiale di Sant’Elena. La leggenda narra che il villaggio si spopolò verso la metà del XVII secolo a seguito di una maledizione lanciata in punto di morte dal parroco della comunità, che venne assassinato per vendetta dal futuro marito di una giovane ragazza di cui il parroco stesso era invaghito. Alcuni documenti storici dicono invece che lo spopolamento di Trechiddo verso Bonorva iniziò i primi anni del XVI secolo per completarsi alla fine del secolo successivo.
Della nascita di Rebeccu non si hanno fonti certe. Il villaggio sorse in periodo medievale su un cucuzzolo, detto “Cuccuru de Pischinas”, da cui si poteva dominare l’intera piana sottostante di Santa Lucia. Si trattava del nucleo abitativo più numeroso di tutta la zona, si dice che raggiunse i 400 abitanti, ed essendo un centro piuttosto importante venne eletto come capoluogo della curatoria di “Costa de Addes” o “Costaval” durante il periodo del giudicato di Torres, e in seguito in quello di Arborea. Curatoria che comprendeva anche i villaggi di Bonorva, Trechiddo, Semestene, e altri piccoli villaggi oggi scomparsi. A Rebeccu la storia si intreccia alla leggenda. Il curatore di “Addes” doveva essere il re e dimorava in una roccia imponente che doveva essere il suo castello, e che ancora oggi si chiama “rocca de Casteddu”. Proprio da tale sovrano, re “Beccu” (caprone), storpiatura dell’originale re “Bellu” (bello), ha preso il nome il villaggio che conosciamo oggi. Leggenda dice che la figlia del re, Donoria, era considerata una strega dagli abitanti della borgata e venne perciò esiliata, ma durante la sua cacciata lanciò una maledizione, secondo cui il villaggio sarebbe stato per sempre minuscolo e non avrebbe mai più superato le 30 abitazioni. La realtà dice invece che, a metà del XIV secolo durante gli scontri tra gli aragonesi e il giudicato di Arborea, il villaggio di Rebeccu venne incendiato e i suoi abitanti sterminati, mentre i sopravvissuti si rifugiarono nel villaggio di Bonorva. Gli anni successivi si è provato a rifondare e ripopolare il villaggio, ma, per via di carestie ed epidemie, a partire dal 1400 Rebeccu ha iniziato il suo declino fino a diventare frazione di Bonorva nel 1875.
La tradizione popolare dice che il nucleo originario di Bonorva era il rione di “Muristene”, parola che indica il monastero attorno al quale in genere si sviluppava una comunità, ma non ci sono riscontri su questo. Invece si hanno informazioni scritte che dicono che la comunità si sviluppò intorno alla chiesa di San Giovanni consacrata nel 1174.
In periodo medievale il villaggio faceva parte del giudicato di Torres sotto la curatoria di “Costa de Addes” fino alla morte di Adelasia, ultima giudicessa di Torres, nel 1259. Seguì un periodo in cui la famiglia dei Malaspina e il giudicato di Arborea si alternavano per il dominio del territorio, fino ad una sanguinosa battaglia avvenuta nel 1347 tra i Doria e gli aragonesi, vinta dai primi, ma che vide il territorio passare in mano spagnola qualche decennio più avanti, e definitivamente nel 1421, quando l’intera Sardegna venne conquistata e governata da Bernardo de Centelles. Iniziava così il periodo feudale in cui i marchesi e duchi che si susseguirono negli anni esigevano dei tributi sempre più alti dalla popolazione, creando un malcontento generale in tutti i paesi della Sardegna, che sfociò in una rivolta negli ultimi anni del XVIII secolo e che ebbe come risultato il famoso editto delle chiudende del 1820, che legittimava i proprietari a recintare i loro terreni. Se da una parte questa pratica poteva avere degli aspetti positivi, non di rado portò a episodio spiacevoli, spesso oppressivi, in cui terreni lasciati inutilizzati venivano abusivamente occupati secondo la legge del più forte. Altri terreni venivano invece acquistati a basso costo da ricchi latifondisti approfittando di fallimenti e crisi economiche, e le due guerre mondiali non hanno fatto altro che amplificare il fenomeno.
ETIMOLOGIA DEL NOME
L’origine del nome di Bonorva si può ricercare in almeno un paio di teorie. Una di queste parte dal nome “Gonorpa”, composto da “Gonor-” (montagna, monte) e “-pa” (sotto, al di sotto), e in effetti analizzando la posizione territoriale il paese sta ¬al di sotto della regione chiamata “Su Monte”, che comprende un imponente rilievo. Le trasformazioni fonetiche successive hanno portato gradualmente ai nomi “Gonorba”, “Bonorba” e infine “Bonorva”. Un’altra teoria, anch’essa legata a fattori territoriali, assegnerebbe al nome un’origine latina nelle parole “bonus” (buono, buona) e “orbis” (terra, luogo), oppure “urbis” (città).
ECONOMIA
L’economia del paese si basa principalmente sull’allevamento di ovini e in misura minore di bovini, entrambe le specie allevate prevalentemente come bestiame da latte. I floridi pascoli permettono di ottenere latte di alta qualità, che viene conferito alla Latteria cooperativa sociale che lo trasforma in un prodotto di punta, il Pecorino Romano DOP, e lo esporta in tutto il mondo.
L’agricoltura è meno sviluppata rispetto al passato, quando Bonorva era considerata il granaio della Sardegna, ma ci sono alcune piccole realtà che coltivano prodotti di nicchia quali ad esempio il grano Cappelli.
Lo stabilimento per l’imbottigliamento dell’acqua effervescente Santa Lucia rappresenta per il paese un’importante realtà produttiva.
La zona industriale e artigianale, in regione Santa Barbara, a ovest del centro abitato, è popolata da artigiani che lavorano ferro, alluminio, legno, plastica, marmo. È presente un consorzio agrario, una famosissima fabbrica di materassi, e un panificio per la produzione del tipico pane “Zichi”. Sono in tutto tre i panifici che sfornano il tipico pane bonorvese, che viene esportato anche nella terraferma.
Infine, a Bonorva è presente anche un importante centro di tessitura che faceva parte dell’ente ISOLA e che in passato produceva pregevoli tappeti e arazzi, coperte e costumi tipici del paese.
FESTE E SAGRE
Il paese di Bonorva è molto attivo dal punto di vista della celebrazione dei santi, per ognuno dei quali viene formato comitato temporaneo o permanente che si occupa dell’organizzazione dei festeggiamenti religiosi e civili.
Il santo patrono del paese è Santa Maria Bambina festeggiata il giorno 8 settembre nell’omonima chiesa parrocchiale situata nella piazza principale. Da diversi anni è una festa organizzata dai cinquantenni del paese che si impegnano a organizzare una processione fastosa, un rinfresco a cui prende parte tutta la comunità, e una serata musicale dedicata spesso da un artista di livello nazionale. Il calendario dei festeggiamenti inizia però il 16 gennaio, con un comitato permanente che si occupa delle celebrazioni sia per Sant’Antonio abate, sia per Sant’Antonio da Padova il 13 giugno.
A primavera inoltrata, il 1° maggio, si svolge la famosa festa campestre di Santa Lucia, nella chiesa omonima e nell’enorme prato che ospita ogni anno bancarelle e stand che propongono in vendita prodotti di artigianato, prodotti tipici, e oggettistica. Il tutto accompagnato da pranzi conviviali, musica dal vivo e giostre.
La terza domenica di maggio viene celebrata Santa Vittoria, nell’omonima chiesa del centro storico, con un comitato che si occupa di organizzare due o tre giorni di festeggiamenti, che comprendono anche la famosa “Ardia”, il sabato sera e la domenica mattina, una corsa a cavallo dove cavalieri, che indossano il costume tipico bonorvese, in coppia o in tre si lanciano lungo un percorso che porta per diverse volte davanti al santuario ad onorare la Santa.
Dopo circa un mese, il 24 giugno, si celebra la festa di San Giovanni Battista, santo protettore dei pastori. Anche queste celebrazioni comprendono l’Ardia a cavallo, che si tiene sempre la sera precedente e il mattino del 24, lungo il percorso che va dalla chiesa di San Giovanni alla parrocchiale di Santa Maria, seguita da una processione a cui partecipano tutti i pastori di Bonorva, che contribuiscono in maniera economicamente sostanziale allo svolgimento dei festeggiamenti.
Le celebrazioni per San Simeone avvengono durante il terzo fine settimana di luglio nell’anfiteatro dei giardini di “Funtana”, che ospita un’importante rassegna canora in cui si esibiscono nuove proposte e gruppi emergenti delle realtà musicali locali.
Il 2 agosto si onora la Madonna degli Angeli, santa protettrice dei muratori.
L’ultima festa in ordine cronologico è quella di Santa Barbara, nell’omonima chiesa nella zona artigianale del paese. Per la santa patrona degli artiglieri, artificieri, minatori, e vigili del fuoco, si svolge una spettacolare manifestazione pirotecnica con la quale si chiude il ciclo di festeggiamenti religiosi e civili nel paese di Bonorva.
Gli eventi di una certa importanza e non legati a festeggiamenti religiosi, a Bonorva sono principalmente due. Il carnevale è fortemente sentito dalla popolazione con balli in maschera, favate in piazza, e una sfilata di carri allegorici lungo le vie del paese che si conclude col processo al rogo di re Giorgio. Da diversi anni ormai, il sabato la domenica successive al Mercoledì delle Ceneri, si svolgono le pariglie acrobatiche dell’associazione “S’Ischiglia”. Il corso principale del paese diventa teatro di esibizioni acrobatiche di cavalieri sprezzanti del pericolo e particolarmente abili, che mostrano la loro bravura nel governare i cavalli.
Un altro appuntamento fisso ormai da trent’anni è la “sagra del Zichi”, il pane tipico di Bonorva. Durante questa sagra si ha l’opportunità di partecipare a dimostrazioni e laboratori sul pane, e di assaggiare numerose ricette che hanno come base questo prodotto, ma anche di apprezzare altri prodotti tradizionali locali.
GASTRONOMIA
La gastronomia di Bonorva è fortemente basata sui frutti del territorio, e il grano è prodotto fondamentale per la preparazione dei piatti più importanti.
Se si parla di Bonorva si fa un accostamento naturale al “Zichi”, un pane di grano duro di forma sferica e simile alla spianata spesso cerca 1 cm. Esistono due varianti di questo pane, una è un “pane morbido”, che si può consumare o da solo o come accompagnamento ad altri cibi, mentre l’altra variante è un “pane duro”, che si presenta in una consistenza croccante e viene cucinato bollito nel brodo di pecora, il cosiddetto “pane uddidu”, o cotto in acqua salata come la pasta e insaporito con condimenti a piacere, e conosciuto come “pane a fittas”. La particolarità di questo prodotto è che è a lunga conservazione ed era particolarmente adatto al consumo soprattutto in antichità, quando i pastori stavano lontani da casa per giorni e necessitavano di un alimento che mantenesse le sue caratteristiche di freschezza nel tempo.
Gli impasti vengono utilizzati anche per la preparazione di pasta fatta in casa, di ravioli di ricotta e di formaggio, nonché per i dolci, “Casadinas”, “Teliccas”, “Papassinos”, “Seadas” su tutti.
Anche i prodotti di origine animale sono molto diffusi a Bonorva, come gli arrosti di agnelli e maialetti, i piatti a base di interiora e sanguinacci.
CHIESE E ARCHEOLOGIA
La chiesa parrocchiale di Bonorva è dedicata alla Natività di Maria, costruita tra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo in stile gotico catalano. La facciata è a due spioventi con un portone ad arco sovrastato da un timpano, all’interno del quale vi è incastonata la statua della Madonna, con sopra di essi un grande rosone decorato. Il campanile, quadrato alla base ha una forma ottagonale nella metà superiore, e ospita tre campane. È presente anche un’entrata secondaria laterale. L’interno della chiesa ha una navata unica suddivisa da archi in cinque campate, sono presenti in tutto otto cappelle laterali, quattro per parte, con volta a botte. La pavimentazione a scacchiera conduce a un altare in marmo con sullo sfondo la statua della Madonna che ha ai lati due colonne per parte.
L’attuale struttura della chiesa di San Giovanni è una ristrutturazione risalente XVII secolo di un edificio precedentemente esistente e risalente per certo al 1174. La facciata a capanna ha un portone squadrato, un timpano sopra di esso con inserita la statua del santo e un rosone al di sopra. All’interno ha una navata unica con due cappelle che si aprono ai lati del prezioso altare in legno.
La chiesa di Santa Vittoria si trova nel centro storico. Nei suoi pressi venne fondato il monastero che si dice sia stato il nucleo originario del paese, e il santuario odierno che risale al XVII secolo è stato edificato proprio su una struttura medioevale preesistente. La chiesa ha una facciata molto semplice con un portone squadrato e un rosone decorato, alla sinistra c’è il campanile di forma quadrata. L’interno ha una navata unica, un bellissimo altare in legno e diverse statue di santi.
La chiesa di Sant’Antonio che si affaccia sull’omonima piazza fu costruita nella seconda metà del XVII secolo, e leggenda dice che contribuì finanziariamente in maniera importante un ricco signore che donò ingenti somme come ringraziamento alla provvidenza per essere guarito da una brutta malattia. La chiesa, edificata in stile tardo gotico, ha una facciata con portone squadrato e un timpano superiore, con dei capitelli e piccoli archetti come ornamenti. L’interno invece ha un’unica navata, sono presenti anche tre cappellette ed un imponente retablo.
La chiesa più recente di Bonorva è quella di San Salvatore da Horta. Costruita all’interno dell’ex convento francescano che ospitava i frati fino a pochi anni fa, è impreziosita da un rigoglioso giardino mentre la struttura moderna della chiesa, di forma quadrata ha un tetto spiovente con travi di legno a vista.
Poco lontano dal centro abitato e nella frazione omonima, si erge la chiesetta di Santa Barbara, un edificio risalente al secolo scorso dalle forme semplici situata in una piazzetta e circondata da alberi.
Immersa nella natura a pochi chilometri dal paese troviamo le rovine della chiesa di San Simeone di cui rimangono solamente una porzione delle pareti perimetrali, l’architrave dell’ingresso, e due archi a sesto acuto che sorreggevano alla volta dell’unica navata.
Poco più a valle del villaggio di Rebeccu sorgono due chiese che sono relativamente poco distanti tra di loro e che risalgono allo stesso periodo, intorno alla seconda metà del XII secolo. Una è la chiesa di San Francesco, oggi nelle condizioni di rudere, e di cui si conservano alcune porzioni delle pareti e degli ornamenti interni. L’altra chiesa è quella di San Lorenzo, al contrario molto ben conservata, di piccole dimensioni, costruita in blocchi di calcare e basalto che le danno una colorazione caratteristica. L’intera costruzione è abbellita da ornamenti a forma di archetti ripresi sia nei cornicioni che nel campanile ma anche nelle finestrelle laterali, che permettono l’ingresso della luce. Ha un portone squadrato che si apre verso un’unica navata interna.
Al centro del villaggio di Rebeccu sorge la chiesa intitolata Santa Giulia. La struttura odierna è frutto di restauri avvenuti nel XVII secolo, su una chiesa originariamente risalente al XII secolo e consacrata in nome di Santa Maria. Si tratta di un edificio molto semplice sia esternamente che internamente con un campanile a base quadrata, un portone architravato e un’unica navata interna. Rebeccu è oggi un villaggio abbandonato, che domina l’intera piana di Santa Lucia, con case diroccate, ruderi, ma anche piccole casette restaurate che sono dei veri e propri gioiellini che si affacciano su strade lastricate in pietra e due piazzette. Sono presenti diverse sorgenti, e quella più famosa è la fonte sacra di “Su Lumarzu”, risalente all’età nuragica. Ha una parete in blocchi di basalto con un’apertura d’ingresso verso una struttura interna con copertura a tholos dove si raccoglie l’acqua, che fuoriesce in un condotto poco più avanti. All’esterno del pozzo sacro si possono notare delle lastre che probabilmente fungevano da sedili, la cui presenza porta a pensare che la fonte potesse essere usata per rituali e cerimonie sacre, considerato il culto dell’acqua e l’importanza che aveva in età nuragica. In tempi recenti la borgata di Rebeccu sta godendo di una rinnovata affermazione nel territorio, ad esempio ospita manifestazioni di vario genere, soprattutto cinematografiche e letterarie, che animano il villaggio per quasi tutta l’estate, e con lo storico ristorante “Su Lumarzu” che nei giorni d’oggi ha riacquistato l’importanza che aveva un tempo.
Poco prima delle necropoli di “Sant’Andrea Priu” sorge la chiesa campestre di Santa Lucia, edificata intorno al XIV secolo originariamente in stile romanico, ha subito diversi interventi di ristrutturazione fino ad ottenere la struttura odierna. Una struttura molto semplice sia internamente che esternamente, con un piccolo porticato sul lato destro dove i fedeli di solito accendono i ceri e danno un’offerta alla Santa. Gli interni comprendono un’unica navata coperta da un tetto in legno a vista a due spioventi e un altare in marmo e legno.
Le innumerevoli emergenze archeologiche presenti nel territorio comprendono tombe dei giganti, pozzi sacri, nuraghi, semplici e complessi, alcuni con i villaggi attorno, e più o meno bene conservati, ma sono le tombe ipogeiche di “Sant’Andrea Priu” ad essere ad essere il sito più significativo di Bonorva. Sono da molti considerate le domus de Janas più belle e meglio conservate di tutta la Sardegna. Il complesso di necropoli comprende una ventina di tombe scavate nella roccia risalenti a circa 5000 anni fa, nel periodo meglio conosciuto come la “Cultura di Ozieri”. Le tombe hanno strutture che possono andare da un unico ambiente fino ad ambienti multipli. Sono tre gli ipogei che rivestono particolare interesse proprio per il numero delle loro camere e per le decorazioni e sculture interne. La tomba cinque, chiamata anche “tomba a capanna circolare” mostra proprio una riproduzione scolpita di ciò che si poteva avere in quel periodo nelle capanne, come oggetti votivi e focolari. La tomba numero otto conosciuta anche come “tomba a camera” ha un ambiente principale di forma rettangolare che si apre poi in altri vani e che mostra delle sculture che rappresentano le travi portanti e le assi trasversali della copertura sorrette da due pilastri. La tomba più rappresentativa è la numero sei, conosciuta anche come “tomba del capo”, composta da 18 ambienti e con un’estensione complessiva di 250 metri quadrati. In alcune stanze sono scavati nel pavimento alcuni incavi con funzioni votive, altre stanze presentano soffitti scolpiti e decorati. Sono presenti architravi, colonne, un altare, e persino un caminetto. Queste necropoli vennero usate anche in periodi successivi, specialmente medievali, e gli affreschi ci dicono che assunsero anche funzione di chiese
Nella parte alta della collina che ospita la necropoli si staglia un altro monumento, il “toro senza testa”. Una scultura su un blocco di trachite che disegna una figura taurina protesa in avanti, con le zampe ben impiantate sul terreno, a cui mancano le parti del collo e del capo, forse amputate da popolazioni successive. Per la sua forma rettangolare collegata al terreno da quattro blocchi in pietra che sembrano dei pilastri, questa scultura è stata associata spesso alla forma di un campanile. Non sarà facile sciogliere il dubbio su questo e su tutti gli altri ritrovamenti di questo territorio così ricco.
SUL TERRITORIO
Nuraghe Tresnuraghes
Nuraghe Rio Badu Pedrosu
Nuraghe Marchidu
Nuraghe Monte Calvia
Nuraghe Su Sambinzu
Nuraghe Sa Tanca e sa Rughe
Nuraghe Sa Pattada
Nuraghe Oro
Nuraghe Spadulalzu
Nuraghe Alzolas de Piredu
Nuraghe Cujaru
Nuraghe Poltolu
Nuraghe Su Monte
Nuraghe Suldu
Nuraghe Sant’Elena
Nuraghe Giove
Domus Sos Passizzos
Domus S. Andrea Priu
Domus S. Andrea Priu 2
Chiesa di San Lorenzo
Chiesa di Santa Lucia
Chiesa di San Simeone
NUMERI UTILI
FARMACIA DIANA
Corso Umberto I, 13
Tel. 079 867606
CARABINIERI
Corso Umberto I, 106
Tel. 079 865 9900
COMUNE
Piazza Santa Maria
Tel. 079 867894
DISTRIBUTORE DI BENZINA
Corso Umberto I
Tel. 079 866381
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